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Role model: Fortuna Imperatore, aka Axel Fox, creatrice del videogame Freud’s bones

fortuna imperatore
  • Data: 13 Ottobre 2022
  • Autore: Giulia Nocchi
  • Dorothy Program

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  • Quando ti imbatti in qualcosa di unico ed originale non puoi fare a meno di restarne colpito, ed è stato ciò che è successo a noi quando abbiamo scoperto il video game “Freud’s Bone”: un’avventura surreale e suggestiva in cui ti dovrai calare nei panni del celeberrimo Sigmund Freud, padre della psicanalisi. Grazie a questa scoperta abbiamo avuto modo di entrare in contatto con l’autrice e creatrice Fortuna Imperatore alias Alex Fox.
    La sua storia è molto particolare e speriamo che possa esser d’ispirazione a molte bambine, ragazze e donne che sognano di intraprendere una carriera nel mondo della tecnologia.

    Di seguito l’intervista che Fortuna Imperatore, role model per il Dorothy Program, ci ha rilasciato.

    Ciao Fortuna, grazie per la tua disponibilità.

    1) La prima domanda che ci piacerebbe farti è sapere un po’ di più della tua storia…come si passa da una laurea in Psicologia al mondo della programmazione e del game design?

    Il mio percorso di studi mi ha portato ad ottenere una laurea psicologia e proseguire poi con un master in antropologia esistenziale.
    Due percorsi che nonostante abbia amato non hanno poi rispettato le aspettative che mi ero costruita una volta approdata nel mondo del lavoro. Probabilmente avevo idealizzato e romanzato la figura dello/a psicoterapeuta al punto da accorgermi di non sentirla mia e ciò mi ha fatto entrare in una grande crisi. A quel tempo, e per tutto il percorso di studio, lavoravo in un’impresa di pulizie, un ambiente molto negativo, ma che io riuscivo ad affrontare grazie a ciò che avevo appreso dai videogiochi. Ogni difficoltà, ogni porta chiusa, la oltrepassavo come se fosse un nuovo livello di gioco da superare, integravo nella vita reale quel mondo ludico che tanto mi affascinava.
    Grazie a questo mi sono resa conto di quanto l’ambito del gaming mi appassionasse e quanto desiderassi che facesse parte del mio futuro.

    Inizialmente ho provato a considerare di intraprendere la carriera di consulente di video giochi, ma purtroppo è un ruolo che in Italia non ha un vero e proprio riscontro.Ho deciso quindi di passare da fruitrice a creatrice, avrei creato il mio videogame! Inizialmente ho iniziato a scriverlo come fosse una sceneggiatura, poi ho scoperto da internet le varie fasi del video gioco, ho imparato un po’ di programmazione a livello estremamente basico sempre da autodidatta.

    Mi sono poi approcciata a “rpg maker video” (ndr Rpg Maker è un tool giapponese in grado di fornire tutti quelli che sono gli strumenti necessari per realizzare un video game: è possibile infatti creare mappe, eventi, personaggi, abilità, oggetti e molto altro ancora) e

    che viene utilizzato spesso da chi si affaccia a questo mondo da neofita. Purtroppo, ti permette di fare solo cose molto basiche e quindi ho cercato una soluzione alternativa, sfruttando il mio il pensiero laterale. Ho sperimentato una strada alternativa usando Photoshop per modificare gli asset, ero determinata a “rompere il sistema” e vedere quando sensibile fosse.

    In questo modo sono riuscita a creare una “proto forma” di demo, da lì mi sono lanciata e ho iniziato a fare pubblicità.

    Ammetto che il mio percorso non è stato lineare, bensì ho fatto il percorso all’inverso.
    Il segreto è stato avere un concept ed un’idea forte, originale e chiara ed avere una storia alle spalle che aiutava a creare la mia personalità ed il mio spazio in questo, fondamentale per costruirmi una fama che mi ha poi aperto molte strade.

    Bisogna impegnarsi molto per fare questo tipo di cammino, ho studiato tanto, letto manuali su manuali anche in inglese e soprattutto non ho permesso al sistema di imbrigliarmi. Ciò che conta è avere un messaggio da emanare che sia disruptive e colpisca il pubblico.

    Ho investito solo i miei risparmi per produrlo, perché poi grazie a ciò che avevo costruito, sono riuscita ad ottenere un buon riscontro dalla campagna di Kickstarter e a trovare finanziatori.

    2) Che consigli daresti ai ragazzi e alle ragazze che svoglio creare un loro video game?

    Come accennato sopra il segreto del successo ritengo che sia quello di avere una concept vincente ed una storia da raccontare. Al pubblico serve un “hook” che possa colpire ed attirare veramente l’attenzione. Se non siamo sicuri dell’idea possiamo lasciarci ispirare da qualcosa di già noto, ad esempio sfruttare l’immagine di un personaggio pubblico famoso ed immaginarsi un mondo virtuale intorno a lui. Ovviamente deve esser un personaggio che non sia già stato citato in questo ambito, così come è stato per me con il personaggio di Sigmund Freud, mai apparso prima in un video game.

    Una caratteristica dei videogame è che si possono applicare a tantissimi ambiti; quindi, possiamo sfruttare praticamente qualsiasi storia che sia originale e coinvolgente, magari anche su figure storiche controverse ma che siano conosciute, come ad esempio Charles Bukowski…

    Inoltre, consiglio di non guardare troppo all’universo del gaming, perché è troppo guidato dal mercato e richiede un tipo di game design estremamente procedurale. Ritengo invece più importante partire sempre dalla narrativa e dalla scelta di un personaggio accattivante.

    Ultimo ma non per importanza è l’accompagnare la creatività allo studio, bisogna impegnarsi, mettersi in gioco e apprendere. Non è necessario accumulare titoli accademici nel mondo del gaming ma dobbiamo comunque costruire la nostra professionalità.

    3) Freud’s bone ha avuto un grandissimo successo, quale credi sia la forza di questo video gioco?

     In Italia ci sono pochi autori, ci sono software house che si occupano della creazione dei videogames, ma manca l’autorialità e questa credo che sia una cosa che distingue “Freud’s Bone” dagli altri prodotti. Inoltre, la sua storia, cioè la mia storia, ha fatto breccia: il fatto che abbia fatto tutto da sola, da autodidatta ed il mio esser una donna in un mondo, quello delle professioni STEM, popolato prettamente da uomini, sono elementi importanti e positivi che hanno contribuito a creare il mio personaggio e a farmi conoscere. Mi hanno aiutato a farmi spazio e poter dimostrare cosa sapevo fare veramente. La mia caparbietà, infine, ha sempre dato una mano ad arrivare in fondo a questo progetto.

    4) Come sai, Giuneco ha avviato un progetto che cerca di dare un contributo, nel suo piccolo, all’abbattimento del gender gap nel mondo dell’informatica. Come è stata la tua esperienza su questa tematica, hai sentito la presenza di questi pregiudizi nei tuoi confronti o nei confronti di colleghe del mondo tech?

    Inizio con il dire che non conosco colleghe donne e in generale conosco pochissime donne che lavorano in questo ambito.

    Io, personalmente, non ho subito pregiudizi o discriminazioni per il fatto di essere donna, ma ho sicuramente avvertito un minimo di diffidenza dovuto anche al fatto che non sono videogiocatrice accanita. Molti giornalisti hanno il pregiudizio secondo il quale un videogioco ben fatto, possa essere realizzato solo da chi ha giocato mille videogiochi o da colui che ha un’esperienza del gaming fin dagli anni ‘80. Inizialmente nelle interviste mi trattavano come se non mi meritassi la fama raggiunta. E’ stata una stima che si mi sono dovuta conquistare e ho dovuto fare qualcosa di estremamente complesso e innovativo per esser “accettata” in questo. Se avessi fatto un gioco più semplice, come fanno in tanti, non sarei riuscita a conquistarmi il loro rispetto.

    5) I numeri del gender gap nelle materie STEM parlano chiaro, basti pensare che solo sola 1 sviluppatrice su 100 è donna. E sembrano partire fin dalla tenera età. Con che giochi eri solita intrattenerti da bambina e che tipo di attività ti proponevano genitori e insegnati? Quanto credi che l’esposizione o meno a determinate attività e ambiti possa portare le ragazze ad allontanarsi o avvicinarsi al mondo della tecnologia?

    A mio avviso il tipo di giochi, di cultura e di attività con cui crescono le bambine avranno un grandissimo peso sulle loro scelte future. Giocare a fare le “mamme”, giocare con le bambole anziché con i robot e le costruzioni le allontana tantissimo dalle materie STEM.

    Bambini al computer

    Anche io sono cresciuta in un mondo del genere, dove ci si aspettava dalle ragazze determinati comportamenti e interessi, ma, nonostante ciò, mi sono sempre posta diversamente.

    Ad esempio, giocavo a calcio e amavo i videogame e per fortuna i miei genitori non mi ostacolavano in questo. Ma ho visto che la maggior parte delle bambine invece seguivano i binari imposti, e quelle che più delle altre aderivano agli “standard”, crescendo hanno intrapreso carriere e lavori che la società reputano siano più in linea con il genere femminile, al contrario delle bambine che rompevano già questi stereotipi fin da piccole. Queste ultime da adulte si son sentite libere di scegliere la propria strada.

    Come già detto, non ho subito questo tipo di influenza, ma sono stata testimone di questa retorica che ha schiacciato tante idee e appiattito tanti caratteri.

    Oggi le cose stanno leggermente migliorando: le ragazze si sono aperte, per esempio, a fare le streamer. Bisogna però fare attenzione perché limitarsi a fare live su Twitch non vuol dire avere a che fare con il mondo del gaming da dentro, sarebbe importante impegnarsi anche in una rivoluzione culturale, ma purtroppo nella maggior parte dei casi non è così e ci si limita a stremmare come passatempo.

    Nel mio caso la passione era così forte proprio perché veniva da dentro, e non poteva essere ignorata. Quando ho deciso di lasciare un lavoro fisso per lanciarmi nel mondo del gaming, ho sentito per la prima volta il peso dei pregiudizi da parte dei miei genitori, i quali inizialmente si sono opposti e non accettavano la mia scelta.

    Le donne si trovano a dover lottare per essere se stesse, e non tutte hanno la forza di combattere continuamente contro una società che vorrebbe imporre loro un unico pensiero, spesso preferiscono scegliere strade che garantiscono loro l’approvazione perché sono stanche di lottare.

    6) Cosa pensi che si possa fare o hai esperienza di alcune best practice per ridurre il gender gap in questo ambito?

     Credo molto nell’inserire nel percorso scolastico dei corsi di avvicinamento alle materie STEM per le ragazze e per i giovani in generale, questi percorsi o laboratori potrebbero anche essere appaltati a docenti privati, se non si vuole gravare sul carico di lavoro degli insegnanti.

    Io, ad esempio, tengo dei corsi a Foggia per le scuole, che hanno come obiettivo l’avvicinamento al game design. Promuovere questo genere di progetti è importante per far conoscere le grandi potenzialità di questo settore e del settore tech in generale, che sono sconosciute ai più.

    Basti pensare che a Napoli sono presenti un numero di avvocati più alto che nell’intera Francia, sembra pazzesco, ma dà uno specchio chiaro di come ragioni la società Italiana. Si pensa infatti che quello sia un settore solido, che garantisca lavoro e benessere economico e quindi i genitori spingono i figli e le figlie in quella direzione, ma non si capisce che il vero mercato in sviluppo è quello digitale. Il settore tech è la nuova risorsa. Su questo sarebbe importante fare una vera e propria divulgazione e fornire gli strumenti alle nuove generazioni per motivare le loro scelte con le famiglie: se questo settore li appassiona avranno davanti grandissime opportunità lavorative, di crescita e di soddisfazione personale.

    7)Un ultimo consiglio per le ragazze e i ragazzi?

    Costruite la vostra personalità e sfruttate le vostre risorse.

    Tra le vostre mani stringete ogni giorno uno strumento potentissimo: il vostro smartphone con una connessione ad internet che può mettervi in contatto con il mondo intero. Sfruttatelo al meglio, cercate modelli positivi che vi ispirino e vi facciano scoprire nuove strade e opportunità.

    children mobile

    Ringraziamo Fortuna Imperatore alias Axel Fox, per la sua disponibilità e i suoi spunti che ci daranno moltissimo su cui riflettere.